di Bruno Neri e Maria Vaghi
Tanto più vasto è un tema e l’intimità che esso ha con la natura dell’essere umano quanto meno completa e adeguata appare una sua definizione circoscritta: come a suggerire che tali aspetti non trovano compiuta espressione attraverso il solo strumento della parola che, pur potente, lascia sempre qualcosa indietro.
Socrate considera le qualità della mente e dell’anima come imprescindibili rispetto alla possibilità di vivere una vita felice. Tra le virtù cita autocontrollo, giustizia, pietà, saggezza, coraggio e dunque è importante quell’occuparsi, il prendersi cura della propria anima, della propria virtù.
L’idea di felicità emerge anche nel concetto aristotelico di eudaimonia non disgiunto da etica, virtù, saggezza e dunque un benessere autentico non come semplice gratificazione fugace, ma come vivere in modo virtuoso secondo questi principi. In particolare raggiungere questo stato, esprimere il proprio pieno potenziale umano per un individuo non può prescindere dall’esercizio appunto delle virtù in accordo con la ragione. Una visione che lega l’eudaimonia alla realizzazione delle proprie capacità e alla partecipazione nella vita della comunità. Potremmo dire che la felicità, il benessere, sia ben più che sentirsi felici per Aristotele.
Per gli stoici, la felicità è il risultato della atarassia – uno stato di serenità imperturbabile – che si radica nella padronanza delle proprie emozioni, nell’autocontrollo e nella saggezza.
Nel campo della psicologia moderna, la felicità è spesso esplorata attraverso le lenti del benessere soggettivo.
Si può distinguere tra felicità come emozione temporanea e benessere come stato più duraturo di soddisfazione della vita. Martin Seligman, pioniere della psicologia positiva, propone un modello di felicità basato su: emozioni positive, impegno, relazioni, significato e realizzazione. Definisce, inoltre, felice una vita quando è costruita certamente su momenti di gioia ma non solo, sono importanti aspetti come il coinvolgimento profondo e le relazioni significative. Questi elementi danno scopo e direzione all’esistenza di un individuo.
E se numerosi studi hanno evidenziato come per la predisposizione individuale alla felicità la genetica incida quasi per metà, l’altra metà che conta sono le nostre azioni e le circostanze nelle quali ci troviamo, il che lascia ampi margini di azione personale in relazione al nostro stato di benessere.
Nel Buddhismo si afferma che tutti gli esseri desiderano esseri felici e stare lontani dalla sofferenza. Dunque l’esplorazione della sofferenza (dukkha) e la sua cessazione è un tema centrale. In questo, l’insegnamento delle Quattro Nobili Verità rappresenta un caposaldo assoluto al cui interno, il Nobile Ottuplice Sentiero evidenzia un così ampio rispecchiamento rispetto al pensiero dei filosofi dell’Antica Grecia citati prima.
Secondo il Buddhismo il segreto della pace è piuttosto ravvisabile -tra molto altro- innanzitutto nell’abbandono dell’attaccamento, nello stato di equanimità, nella comprensione profonda della natura impermanente e interdipendente di tutte le cose.
L’enfasi per il raggiungimento della felicità si pone altresì sull’importanza di due ali rappresentate da compassione e saggezza: l’amore che desidera alleviare la sofferenza degli altri e la comprensione della vera natura della realtà. Due mezzi potenti per dissolvere aspetti che invece causano sofferenza nell’uomo.
In questo nostro spazio, dichiarando di non avere la presunzione di definire alcunché ma con l’intento di dare spazio a visioni diverse, ci ritroviamo sul tema di questo Primo Piano: La felicità o cosa crediamo che sia a proporvi la lettura dei contributi che seguono a nostro parere ricchi di consonanze e suggestioni stimolanti.
La Ven. Thubten Chodron ci conduce con la sua pregevole delicatezza a riflettere su quanto l’avere uno scopo, etico e altruistico, nella vita regali quel senso di pace nel cuore. Sottolinea come spesso non siano necessari obiettivi che richiedono imprese epiche quanto invece l’attenzione, anche di un solo istante, dedicata al tentativo di risultare di grande beneficio a qualcuno.
Lo psicologo Andrea Bocconi, analogamente parla del valore delle piccole cose e di quanto l’aspetto della connessione -con le persone, con la natura, con le bellezza- sia profondamente legato a uno stato percepito di benessere.
La Ven. Robina Courtin va dritta al punto col suo stile pungente ed efficace: esemplare il suo affondo sugli attaccamenti e la rabbia, così profondamente connessi alla difficoltà, talvolta insormontabile, all’ottenimento di uno stato di benessere e che ci imprigionano in un mondo costellato di illusioni.
Gli psicologi Ciro Conversano e Rebecca Ciacchini, tra i molti interessanti spunti, parlano letteralmente di esercizio della felicità a esprimere l’importanza del coinvolgimento personale continuo nel dedicarsi a sé stessi, agli altri e alla vita.
Si suggerisce infine la lettura de Le radici delle felicità (Ubaldini Editore) di Ezra Bayda, importante insegnante zen che, con acume, profondità di analisi e ironia, evidenzia quanto sforzarsi di essere felici sia il miglior modo per riuscire a non esserlo, come più ampiamente descritto nella scheda.