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Corpo, mente ed emozioni

Cosa succede al cervello quando meditiamo: lo studio dell’Università di Pisa condotto presso l’Università Monastica Tibetana di Sera Jey in India

Uno studio dell’Università di Pisa pubblicato su Frontiersin in Psychology nella sezione Consciousness Researches investiga le basi neurali dell’attività di meditazione, avvalendosi di un gruppo di volontari di eccezione: i monaci di Sera-Jey, l’Università Monastica Tibetana in Karnataka, India nell’ambito di una collaborazione attiva dal 2018.
Bruno Neri ricerca UniPi

Uno studio dell’Università di Pisa pubblicato su Frontiers in Psychology nella sezione Consciousness Researches investiga le basi neurali dell’attività di meditazione, avvalendosi di un gruppo di volontari di eccezione: i monaci di Sera-Jey, l’Università Monastica Tibetana in Karnataka, India nell’ambito di una collaborazione attiva dal 2018.
Il gruppo di ricerca dell’Ateneo, composto da ingegneri del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e da psicofisiologi del Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica, ha lavorato sui dati raccolti nell’arco di diversi mesi, durante i quali i monaci sono stati monitorati nelle meditazioni quotidiane tramite il rilevamento di elettroencefalogramma, attività cardiaca e respiratoria. Lo studio è l’unico nel suo genere a potersi fondare sull’analisi di un gruppo così omogeneo e altamente addestrato. I monaci infatti, dopo un percorso di studi di quasi un ventennio, possono scegliere di dedicarsi fino a otto ore al giorno alla meditazione in ritiri della durata di diversi anni.

“Grazie alla convenzione tra l’Ateneo di Pisa e l’Università di Sera Jey – spiega Bruno Neri, docente di ingegneria elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e referente accademico e scientifico, nonché Autore per MindScience Academy (nelle foto insieme ai monaci tibetani) – abbiamo avuto l’opportunità di studiare la meditazione praticata da un gruppo di super esperti. La routine dei monaci in ritiro prevede quattro sessioni di meditazione di due ore ciascuna ogni giorno per un totale di circa 3000 ore l’anno. Ho trascorso con loro periodi di permanenza piuttosto lunghi, fino a 6 settimane in tre diverse occasioni, utilizzando dispositivi di misura dei parametri fisiologici indossabili e non invasivi, per non interferire in alcun modo con le loro pratiche quotidiane. Lo scopo era quello di indagare i correlati neuronali di due diverse tipologie di meditazione, concentrativa e analitica. Nella prima si può raggiungere uno stato cognitivo di consapevolezza priva di contenuto e pensiero discorsivo; nella seconda invece la mente viene diretta su un oggetto di riflessione (per esempio un concetto filosofico o morale), che viene analizzato in tutte le sue sfaccettature”.

I tracciati elettroencefalografici risultanti dai due tipi di mediazione sono stati analizzati tramite modelli matematici, nel tentativo di mettere in evidenza le differenze a livello neurofisiologico durante la meditazione concentrativa e quella analitica. “I primi risultati – afferma Alejandro Callara, ricercatore in bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa – indicano che analizzando il segnale elettroencefalografico è possibile distinguere nettamente tra i due tipi di meditazione. In particolare, abbiamo visto che la meditazione concentrativa provoca un drastico cambiamento della potenza di tale segnale nella maggior parte delle bande spettrali classiche e che tale cambiamento è più evidente al crescere dell’esperienza del soggetto. Di fatto abbiamo osservato questo fenomeno con certezza in quei monaci con più di 20.000 ore di meditazione al loro attivo. Tenuto conto della letteratura scientifica sull’argomento sembrerebbe che con l’esperienza nella pratica cresca la capacità di attivare meccanismi dell’attenzione che permettono loro di sopprimere stimoli non rilevanti e distrattori, a favore della focalizzazione sull’auto consapevolezza, cosa che di fatto è proprio lo scopo della meditazione concentrativa. Abbiamo anche osservato che lo stesso soggetto (esperto) impegnato sia nella meditazione analitica che in quella concentrativa, è in grado soltanto in questo secondo caso di generare le variazioni descritte sopra, e questo ci suggerisce che tali variazioni possano essere rilevanti per uno studio più approfondito sugli stati non ordinari di coscienza indotti dalla meditazione”.
La prossima missione a Sera Jey inizierà il 29 giugno prossimo. Il gruppo sarà composto da Bruno Neri, Alejandro Callara e Ciro Conversano, docente di Psicologia Dinamica, e avrà come obiettivo quello di reclutare, con la collaborazione dello Science Center di Sera Jey e del vicino Collegio Tantrico di Gyumed, altri volontari esperti in alcune pratiche meditative esoteriche in grado di agire alla radice del rapporto Mente/Corpo. Ciro Conversano condurrà inoltre una serie di seminari sulla mindfulness e sulle pratiche contemplative.

Fonte UniPi

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