L’estratto che segue è tratto dal libro Il cuore saggio e riportato nel sito dell’autore, Jack Kornfield, riferimento ricco di numerosi spunti di lettura e di pratica.
La compassione è la nostra natura
Dal punto di vista della psicologia buddhista, la compassione è naturale. Deriva dalla nostra interconnessione, che il Buddhismo chiama “interdipendenza”. Questo può essere facilmente osservato nel mondo fisico. Nel grembo materno, ogni bambino è interdipendente con il corpo della madre. Se uno dei due si ammala, anche l’altro ne risente. Allo stesso modo, siamo interdipendenti con il corpo della Terra. I minerali del suolo compongono il nostro grano e le nostre ossa, le nuvole di tempesta diventano le nostre bevande e il nostro sangue, l’ossigeno degli alberi e delle foreste è l’aria che respiriamo. Più prendiamo consapevolezza di questo destino condiviso, più sorge compassione per la Terra stessa.
Anche la comunità umana è altrettanto interconnessa. Il vincitore del Premio Nobel per la Pace Desmond Tutu lo esprime semplicemente: “In Africa, quando chiedi a qualcuno ‘Come stai?’, la risposta che ottieni è al plurale, anche quando parli con una sola persona. Un uomo potrebbe rispondere: ‘Stiamo bene’ o ‘Non stiamo bene.’ Lui stesso potrebbe stare benissimo, ma se sua nonna non sta bene, allora neanche lui sta bene. […] L’essere umano solitario e isolato è davvero una contraddizione in termini.”
Fortunatamente, stiamo diventando sempre più consapevoli della nostra interconnessione globale. Ogni pasto che consumiamo è intrecciato con il sudore dei lavoratori agricoli e dei camionisti che trasportano le merci. Dipende dal clima globale e dai lombrichi nel nostro terreno, da secoli di esperimenti nella rotazione delle colture e da scoperte scientifiche nella selezione dei semi. Le sue radici si estendono fino alle prime forme di agricoltura in Mesopotamia e in Cina.
Nella psicologia buddhista, la compassione non è una lotta né un sacrificio. All’interno del nostro corpo, la compassione è naturale e intuitiva. Non pensiamo: “Oh, il mio povero dito o piede è ferito, forse dovrei aiutarlo.” Appena è ferito, rispondiamo istantaneamente, perché è parte di noi. Attraverso la meditazione, gradualmente apriamo i confini della coscienza alla compassione per tutti gli esseri, come se fossero parte della nostra famiglia. Impariamo che, anche quando la nostra compassione si perde a causa della paura o del trauma, può essere risvegliata. Tutti abbiamo momenti in cui l’apertura e la bellezza della nostra natura di Buddha brillano. La cura sgorga in noi come un angelo interiore di misericordia, come germogli verdi che si fanno strada attraverso le crepe del marciapiede.