Tutto parte dallo stabilire cosa è un esistente e come lo si suddivide.
Ad esempio, tutte le scuole filosofiche buddhiste accettano che un esistente è ciò che viene accertato da un conoscitore valido.
Ciò che determina una coscienza essere valida o no, è il fatto se ci siano o meno sia nel proprio continuum mentale che altrui, altre coscienze valide che possano contrastare il suo modo di percezione. Se non sono presenti, allora, è considerata essere una coscienza valida.
Ma cosa qualifica il valore di validità?
Una coscienza valida è una coscienza che accerta l’oggetto in cui si impegna, ‘accertare’ significa che lo stabilisce definitivamente, ovvero: la coscienza per conoscere il suo oggetto lo deve riflettere prendendone l’aspetto, come uno specchio, e nel momento che lo accerta, quando riflette l’aspetto del suo oggetto, implicitamente elimina ogni possibilità di convinzione o dubbio che ci possa essere una base in comune fra il suo oggetto di percezione e ciò che è in contrazione con esso, ovvero, se si accerta vaso, implicitamente si elimina la possibilità di convinzione o dubbio che possa esserci una relazione fra vaso e ciò che è il suo opposto, ovvero non vaso.
Nonostante possiamo suddividere gli esistenti in vari modi, possiamo dire che dal punto di vista del modo di percezione ve ne sono due categorie, ovvero, esistenti manifesti alle percezioni sensoriali o dirette, nel senso che per essere percepiti non c’è la necessita di avvalersi di una immagine concettuale, ed esistenti “nascosti”, ovvero che per essere accertati è necessario ricorrere a una investigazione analitica basata su un ragionamento e quindi dell’intervento della mente concettuale.
Gli stessi esistenti detti “manifesti”, possono avere diversi aspetti di livello non manifesto, in termini di entità o di causa, o situazione, che appunto vanno colti tramite il riconoscimento della mente concettuale che li investiga.
Per cui in relazione a questi due livelli di esistenti, possiamo dire che ci sono due tipi di percezione valida, ovvero: la percezione valida diretta, che spontaneamente percepisce il suo oggetto chiaramente senza l’intervento di una immagine mentale, e la percezione inferenziale, che è una coscienza concettuale che sorge tramite un raffinamento di un calcolo cognitivo, un’induzione percettiva concettuale che per il potere di un ragionamento corretto che agisce come sua causa diretta, accerta l’oggetto in cui si impegna.
Per poter indicare cosa sia un segno corretto, prima bisogna parlare di cosa sia un segno. Esso non è altro che una ragione, detta anche “segno” in quanto è quel fattore definitivo che può chiarire una tesi.
Una ragione deve essere interconnessa con un soggetto che è l’oggetto in questione che si vuole investigare, e un predicato, che non è altro che una qualità che si vuol accertare essere relazionata o meno al soggetto che si sta investigando.
Questi tre fattori: soggetto, predicato e ragione sono le componenti che formano una conseguenza, ovvero un sillogismo.
In realtà la mente concettuale, anche se non ce ne rendiamo conto, lavora da sé in una modalità di calcolo da sillogismo; è il modo in cui crea le relazioni, questo perché per definizione la mente concettuale è una coscienza determinativa che considera termini e significati come essere idonei a essere combinati o relazionati fra loro, in parole più semplici: non è altro che un calcolatore o creatore di relazioni.
Il problema è: quando è che abbiamo un sillogismo corretto e una ragione corretta che ci permettono di aiutarci a individuare le nostre convinzioni distorte o non funzionali, ovvero solo immaginative e può produrre questa percezione concettuale valida che noi chiamiamo inferenza?
L’uso del sillogismo per indurre una inferenza cognitiva non è altro che un processo di matematica concettuale dove non si usano numeri ma categorie, è un calcolo di relazioni. Per poter fare questo, si parte dallo stabilire cosa sia la categoria più grande, ovvero un esistente e automaticamente si crea una categoria opposta o discordante che è contraddittoria con esso: non esistente. Tutto ciò che esiste entra nella categoria di esistente, mentre tutto ciò che non esiste finisce nella categoria di non esistente.
Poi a sua volta si cerca di verificare i vari tipi di sottocategorie di esistente, possono essercene tanti e sotto tanti punti di vista diversi, ma nonostante queste categorie siano entrambe esistenti di per sé, possono essere categorie opposte o discordanti l’una con l’altra e quindi possono non essere relazionate fra loro.
Un sillogismo in sé non è corretto se non ha un soggetto che si desidera conoscere, e la persona che investiga deve aver accertato quel soggetto, deve aver accertato che c’è una relazione fra il soggetto e la ragione che andrà a usare per eliminare il dubbio che ci sia o no una possibile relazione fra quel soggetto e ciò che è posto come predicato, e deve aver anche accertato la relazione fra quella ragione e il predicato.
Il predicato non è altro che qualcosa che si pensa sia una possibile qualità del soggetto e che va verificata. Per cui non basta che la persona sia convinta o creda o semplicemente accetti che ci sia una relazione fra soggetto, ragione e fra ragione e predicato, altrimenti non si potrà produrre una ragione corretta.
La ragione corretta è tale se produce una percezione che elimina il dubbio fra il soggetto e il predicato, se vi sono dubbi anche fra l’entità del soggetto in sé, la ragione e ciò che è posto come predicato, sicuramente il dubbio che si ha fra soggetto e predicato, non potrà essere eliminato.
Una volta che il dubbio viene eliminato, e viene indotta la percezione concettuale che accerta la relazione fra soggetto e predicato, il segno corretto è stato prodotto e non funge più da ragione corretta per quella persona, questo perché ha già svolto la sua funzione di eliminare il dubbio.
Una volta che il dubbio è stato eliminato tramite accertamento, non si produce più.
Perché è necessario l’accertamento cognitivo per eliminare un dubbio ?
Partiamo da cosa è un dubbio, esso non è altro che una percezione concettuale che è incerta fra due posizioni, e può tendere più verso qualcosa che non è fattibile, o verso qualcosa che è fattibile o nessuna delle due. Quando tende verso qualcosa che non è fattibile, è considerato una percezione distorta, perché seppur osserva due posizioni, è più propenso verso quella non veritiera, e se non viene fatto progredire facendolo diventare un dubbio equo, fino a diventare, a essere un dubbio che tende a ciò che è fattibile e poi trasformarsi in una convinzione mentale che tende al vero, diventando così una coscienza investigativa che accerta, allora produrrà una convinzione errata che porterà sempre con sé la latenza o il seme del dubbio e produrrà le percezioni distorte. Lo scopo dell’uso della ragione tramite sillogismo ha quello di manifestare questi dubbi latenti nelle concezioni erronee o nei fraintendimenti cognitivi concettuali, e farlo evolvere verso un dubbio che tende al vero per poi diventare una convinzione corretta e poi una inferenza. Ecco perché nell’investigazione il dubbio diventa un elemento estremamente importante.
Si possono usare sillogismi con ragioni che non sono corrette ovvero che non hanno i tre modi, per aiutare l’investigatore a far evolvere il processo di calcolo delle relazioni degli oggetti in questione.
Cosa sono i tre modi ?
Una ragione corretta è definita essere in sé questi tre modi e non sono altro che tre modi di calcolo di relazione. Essi sono:
Proprietà del soggetto
Pervasione diretta
Pervasione inversa o contro pervasione
La ragione corretta è proprietà del soggetto quando l’investigatore ha accertato che è relazionata al soggetto, in quanto il soggetto è quella ragione o ha quella ragione.
Ad esempio, se prendiamo il sillogismo:
Sul quel passo montuoso col fumo, c’é del fuoco perché c’è del fumo
Per qualcuno che vede del fumo ma non vede se c’è fuoco, su quel passo montuoso col fumo, tale persona ha verificato che c’è un passo montuoso col fumo, quindi ha accertato il soggetto, ha accertato che c’è del fumo, ma si chiede se ci sia a quel punto anche del fuoco o no, la ragione che ci sia del fumo è proprietà del soggetto perché quel passo montuoso ha del fumo e tale relazione tra passo montuoso e fumo è stata accertata dall’investigatore.
Tale ragione possiamo dire che è anche la pervasione diretta, perché la persona ha anche accertato che se c’é del fumo, necessariamente c’è del fuoco in quanto il fumo viene prodotto dal fuoco, ed è anche la pervasione inversa o la contro pervasione, in quanto quella persona avendo accertato che se c’è del fumo, necessariamente c’è anche del fuoco, implicitamente ha anche accertato che se non c’è del fuoco, necessariamente non c’è del fumo, in parole tecniche esso ha verificato che fumo è relazionato a fuoco, non solo, ha anche verificato che fumo non è relazionato a non fuoco che è la sua categoria opposta o la sua classe discordante.
La relazione fra due cose può essere solo in due modi, o in termini di stessa entità, o in termini causali. Non c’è nulla che possa essere relazionato in entrambi questi due modi. Fumo e fuoco sono relazioni in termini causali, e non possono esserlo in termini di stessa entità, questo perché se lo fossero dovrebbero esistere allo stesso momento ma causa e il suo risultato non esistono mai simultaneamente.
Una concezione errata viene dall’aver creato una relazione che non c’è fra un oggetto e la sua classe discordante, per forza di un dubbio che intende al non fattibile e quindi è una percezione fallace.
Attraverso il calcolo delle relazioni per via del sillogismo, si può far emergere il dubbio latente dietro la possibile concezione errata e indurre la persona quindi a rinnovare le relazioni e a chiarificare i dubbi tramite il potere dell’analisi.
Il termine ‘pervasione’ che si indica per verificare la relazione fra ragione e predicato e l’assenza di relazione fra l’opposto del predicato (la classe discordante del predicato) e la ragione, indica che se è una tal ragione, necessariamente, senza nessuna eccezione, è anche quel predicato e se non è quel predicato, necessariamente non può essere neanche quella ragione in nessuna circostanza.
Ad esempio, se prendiamo il sillogismo:
Il soggetto -il suono- è impermanente perché è mutevole
In questo caso si può avere un accertamento della relazione fra la ragione e il predicato e anche dell’assenza di relazione tra l’opposto del predicato in termini di pervasione in quanto tutto ciò che è mutevole, necessariamente è impermanente, e quindi anche nella contro pervasione, tutto ciò che non è impermanente, necessariamente non è mutevole.
Se la ragione fosse solo relazionata al soggetto ma non al predicato in termini di pervasione o, viceversa, fosse relazionata al predicato ma non al soggetto, allora la ragione non può diventare una ragione corretta.
Anche se la ragione fosse accertata essere relazionata al predicato ma anche alla classe discordante del predicato, oppure fosse accertata essere relazionata al predicato ma non fosse accertata non essere relazionata alla classe discordante del predicato, in tal modo non potrebbe diventare una ragione corretta.
Poiché tutte le cose, a partire dal nostro modo di percezione, sono relazionate e anche l’assenza di relazione sorge per interdipendenza, e il fattore di relazione è un fattore che non è visibile alle percezioni dirette e sensoriali, si può riconoscere essere un fenomeno non manifesto che per essere colto richiede l’intervento dell’interazione logica e analitica. Sappiamo tutti come le percezioni concettuali influenzano grandemente le nostre esperienze dirette e sensoriali, nonostante queste ultime inducano in noi esperienze più vivide. Per cui questo processo educativo del ragionamento diventa estremamente importante per attualizzare un livello di igiene mentale più profondo che va poi a intaccare in modo positivo le nostre esperienze quotidiane e anche la nostra salute fisica se non anche raffinare la visione della realtà delle cose nel mondo.