di Carlo Carnevale
Il dibattito tra i due paradigmi discussi in precedenza si allaccia in parte a come definiamo ciò che è condiviso o universale. Anche all’interno della sua prospettiva costruttivista, Barrett ammette l’esistenza di universali. Il suo modello prevede affetti (affects), in costante fluttuazione di valenza (positiva o negativa). C’è inoltre la natura universalmente predittiva del cervello, che porta a quello che Barrett chiama realismo affettivo, con cui intende affermare che si ha esperienza di ciò in cui si crede (you experience what you believe) e che quindi modificare l’esperienza significhi modificare una serie di credenze. Vi sono, per Barrett, concetti universali essenziali per le emozioni (vedremo di seguito cosa intende, per ora basti pensare ai concetti come bagaglio esperienziale). Vi è infine una realtà sociale, che rappresenta il contesto effettivo nel quale si verifica l’esperienza emotiva.
Per quanto riguarda gli affetti, la nostra vita affettiva (all’interno di un contesto più ampio) è descritta come una questione di body budgeting, vale a dire, di allocazione online di risorse (acqua, minerali, glucosio e così via), coerentemente con una previsione circa i bisogni dell’organismo, prima che questi si verifichino (allostasi).
“Si consideri quello che accade quando si ha sete e si beve un bicchiere d’acqua. L’acqua ci mette venti minuti circa a raggiungere il flusso sanguigno, eppure ci si sente meno assetati nel giro di trenta secondi. Cosa allevia la sete così in fretta? Il nostro cervello. Ha appreso dalle esperienze passate che l’acqua rappresenta un deposito del tuo body budget che servirà a idratare, dunque il cervello estingue la sete molto prima che l’acqua abbia un effetto diretto.” (L. F. Barrett, 2020, Your Brain Is Not for Thinking)
“La cosa più semplice che tu possa fare per controllare le tue emozioni, di fatto, è mantenere il tuo body budget (letteralmente, bilancio del corpo) in attivo (good shape).”
Più avanti, nella sezione self-help del suo libro, Lisa Barrett procederà a chiarire cosa questo significhi concretamente, a livello di strategia di regolazione emotiva (theory of change).
La formula per il controllo emotivo consisterebbe (prevedibilmente) nell’adottare una buona igiene del sonno, nell’esercizio fisico, nella dieta salutare, nel coltivare relazioni, nel ricercare il contatto e il piacere fisico, nel resistere alle tentazioni del consumo e alle relazioni tossiche. Altri aspetti di questa formula, forse più significativi, sono il prestare attenzione alla granularità delle proprie esperienze emotive, elaborando continuamente nuovi concetti per descriverle e comprenderle, nello sforzo di trovarne di utili e adatti. Imparando nuove parole; evitando la ruminazione. Promuovendo la curiosità e la creatività a scapito della stasi. Tutto questo va a nutrire la flessibilità con cui attribuiamo senso alle nostre esperienze e a quelle degli altri.
Dal capitolo 9 al capitolo 12, How Emotions Are Made si legge come una guida alla vita creativa, una panacea per l’anima costruttivista, compendiata di citazioni al Buddhismo classico, espliciti riferimenti alla mindfulness meditation e all’utilità dei concetti orientali di decostruzione del sé.
«Il nostro sé si ri-costruisce in ogni momento dagli stessi sistemi centrali predittivi che costruiscono le emozioni, inclusi i due network a noi familiari (interocettivo e di controllo), tra gli altri, nell’atto di categorizzare il flusso continuo di sensazioni dal corpo e dal mondo esterno.» (L. F. Barrett, 2017, How Emotions Are Made)
La virtù della “rivoluzione costruttivista”, sostiene Barrett, è che ci conferisce potere sulle nostre menti e, per estensione, sul mondo. Non saremmo quindi burattini tirati da fili cablati biologicamente. Piuttosto, possiamo cambiare i nostri concetti e la realtà seguirà di conseguenza. Apprendere nuovi concetti volti adattivamente, come strategia di biofeedback top-down per la regolazione emotiva, assume l’aspetto di una responsabilità individuale.
Vale la pena sottolineare almeno un aspetto critico di questa posizione: nel passaggio da teoria a pratica emotiva, essa va a ricalcare il noto mantra New Age (e neoliberale): siamo artefici della nostra realtà. Se questo appello alla responsabilità privata ha forse un posto legittimo nel discorso terapeutico, fallisce però nel restituire uno spazio di azione legittimo su una più complessa realtà sociale; spazio d’azione che nella privatizzazione viene depoliticizzato.
Fonti & Approfondimenti:
L. F. Barrett, 2017, “How Emotions Are Made”.
L. F. Barrett, 2020, Your Brain Is Not for Thinking, The New York Times.
M. Fisher, 2012, Why Mental Health Is a Political Issue, The Guardian.