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Mappare le emozioni (4): cervello trino

Il modello del cervello trino proposto da MacLean— che vede il cervello umano come evolutosi in tre ondate principali, la prima delle quali avrebbe creato un reptilian complex, la seconda il sistema limbico paleomammifero e infine le strutture recenti della neocorteccia— è oggi considerato obsoleto a livello anatomico e il lavoro di Damasio mostra chiaramente come la parte “primitiva” sia fondamentale per la cognizione superiore. Ma quanto di questa concezione stratificata in livelli, antichi e recenti, primitivi o cognitivamente superiori, con mutue interazioni in entrambe le direzioni (top-down e bottom-up), sopravvive ancora nel dibattito?
Cervello trino mappare emozioni
detail of Fast versunken (1930), Wassily Kandinsky (Russian, 1866 - 1944)

di Carlo Carnevale
Il modello del cervello trino proposto da MacLean— che vede il cervello umano come evolutosi in tre ondate principali, la prima delle quali avrebbe creato un cervello rettiliano (reptilian complex), la seconda il sistema limbico paleomammifero e infine le strutture recenti della neocorteccia— è oggi considerato obsoleto a livello anatomico e il lavoro di Damasio mostra chiaramente come la parte “primitiva” sia fondamentale per la cognizione superiore (come il decision making, si veda il caso di Elliott e il ruolo della corteccia prefrontale ventromediale ne l’Errore di Cartesio).
Ma quanto di questa concezione stratificata in livelli, antichi e recenti, primitivi o cognitivamente superiori, con mutue interazioni in entrambe le direzioni (top-down e bottom-up), sopravvive ancora nel dibattito?

Se il lavoro di L. F. Barrett tenta di inchiodare la posizione essenzialista (si noti come questa idea di stratificazione in un continuum evolutivo rimanda alla posizione essenzialista), The Emotional Mind, un libro del 2019 di Stephen Asma e Rami Gabriel, ci offre forse la più sofisticata difesa di questo modello ‘a tre strati’ apparsa in tempi recenti.
Sofisticata nel senso che la sua analisi attinge da dati neuroscientifici, etologici, archeologici, fino a considerare prospettive sulle religioni e sull’arte; adottando un approccio all’oggetto di indagine debitore alle metodologie della teoria evoluzionistica.
Tramite la lente dell’adattazionismo neo-darwinista, gli autori muovono una critica spietata verso i canoni della psicologia evoluzionistica e verso la concezione dell’uomo come agente razionale (Homo oeconomicus) e del suo supposto calcolo razionale di costi e benefici.
L’alternativa proposta dagli autori è carica di una profonda comprensione della 4EA cognition (embedded, extended, enactive, affective cognition), anche se questo termine non viene usato esplicitamente dagli autori che si riferiscono piuttosto all’idea di extended (e distributed) mind, applicando questo modello alle emozioni in modo da rendere accessibili allo studio le dimensioni culturali, rituali, religiose, artistiche, e altre come parte di un apparato sociale affettivo-cognitivo.

Gli autori spiegano: “Il nostro mondo sociale e culturale è strutturato per evocare e gestire l’affetto, in parte come espediente per promuovere il comportamento prosociale, ma anche perché noi [umani] siamo profondi conoscitori (ndt: connoisseurs, quasi a dire intenditori) dell’emozione e ne perseguiamo un valore intrinseco oltre che strumentale.”

Asma e Gabriel partono dalla cosiddetta affective turn (“svolta affettiva”), introdotta dal lavoro di neuroscienziati come Antonio Damasio, Richard Davidson e in particolar modo del loro mentore (come gli autori stessi si riferiscono a lui), Jaak Panksepp. Nella visione degli autori, l’affective turn è percolata entro un’ampia serie di discipline come l’etologia, l’economia, gli ambiti terapeutici e farmaceutici. “[…] è finalmente arrivato il momento”, scrivono gli autori, “per un’esplorazione su vasta scala dell’evoluzione delle emozioni e della mente in esseri umani radicati evolutivamente.” Se questo programma ambizioso non è del tutto inedito, forse nel panorama delle neuroscienze contemporanee il lavoro di Asma e Gabriel rappresenta il tentativo più ambizioso in questa direzione.

Qual è quindi il modello proposto dagli autori? Il loro obiettivo è: “pensare alla coscienza stessa come un archeologo penserebbe ai vari livelli di strati sedimentari. Nei livelli più bassi, possiamo trovare pulsioni di base che pungolano l’animale verso l’ambiente esterno per esplorazione e risorse. La sete, la lussuria (lust), la paura e così via sono “triggers” in livelli evoluzionisticamente più antichi che stimolano i vertebrati verso la soddisfazione e l’omeostasi. In seguito, il cervello di un mammifero struttura un ciclo feedback tra questi sistemi affettivi antichi e l’apprendimento esperienziale e il condizionamento a cui è sottoposto l’organismo. Infine, esiste un altro ciclo di feedback tra i processi cognitivi superiori della neo-corteccia ed i triggers subcorticali e sistemi di apprendimento menzionati poc’anzi. Come sostenuto da Jaak Panksepp, ci sono causazioni mentali (ndt: “causes of mind” nel testo originale) bottom-up (i.e., quelli che spingono l’organismo a soddisfare specifici requisiti fisiochimici) ma anche cause top-down (i.e., quelle che regolano le esperienze limbiche tramite strategie cognitive neocorticali e comportamentali). La soggettività conscia non emerge all’improvviso in cima a questo sistema di feedback; piuttosto, esiste in tutto il clade mammalia come processo fondativo di motivazione legato ai triggers biologici omeostatici.” (S. Asma, R. Gabriel 2019)

La visione trina di McLean non è una mappatura letterale della mente umana, Asma e Gabriel però la considerano una metafora (o euristica) utile per approcciarsi alla parabola evolutiva delle emozioni nei vertebrati superiori. In sintesi, i tre livelli potrebbero essere descritti come segue:

  1. Un livello inferiore o nucleare preposto alle funzioni di processamento primario (primary process functions), che consistono in pulsioni istintive come le reazioni di attacco o fuga o il riconoscimento di intenzioni. Questo livello è associato agli affetti sensoriali e omeostatici ed è localizzabile nelle sezioni sottocorticali del cervello di molti vertebrati;
  2. Un secondo livello intermedio preposto alle funzioni di processamento secondario, responsabili per le emozioni sociali, scolpito dal condizionamento, dall’abituazione e dall’apprendimento e tipico nella cognizione dei mammiferi;
  3. Un livello terziario associato alle funzioni cognitive superiori (linguistiche, simboliche ed esecutive) e fortemente sovrapponibile alle strutture della neocorteccia.

I tre livelli interagiscono tra loro bidirezionalmente, in maniera complessa. Seguendo Panksepp, gli autori prediligono una concezione nativista che prevede sette sistemi affettivi comuni ai mammiferi (incluso l’uomo) che includono quattro emozioni definite come primarie (seeking/expectancy, rage/anger, fear/anxiety, lust) e tre emozioni secondarie o sociali (care/nurturing, play/social joy, panic/sadness). Altre emozioni più complesse come l’angoscia, il rimpianto, la meraviglia e così via, sorgono da combinazioni di fonti sociali e cognitive (i.e., da tutti e tre i livelli).

Non scenderemo nei dettagli in questa sede, ma ci basti sottolineare come questi sistemi emotivi — “open-ended, domain-general, feeling/behaviour matrices” (Asma, Gabriel, 2019) — hanno stimolato la cognizione umana e contribuito significativamente a modellare l’evoluzione sociale umana che, nella visione degli autori, si è sviluppata in un “mosaico di sistemi di sviluppo” inclusivo dei domini biologici, ecologici e psicologici. I circuiti affettivi di base “energizzano”, orientano e direzionano — altrove gli autori usano anche i termini “permeano”, “infiltrano” e “animano” — i processi di livello superiore e il comportamento degli animali verso elementi dell’ambiente necessari e desiderabili, che promuoveranno l’omeostasi.

Fonti & Approfondimenti:
S. T. Asma, R. Gabriel, 2019, The Emotional Mind
S. T. Asma, R. Gabriel, 2014, “United By Feelings”, Aeon

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