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Mappare le emozioni (5): due prospettive a confronto

Nonostante le chiare divergenze tra i modelli che abbiamo preso in esame — l’uno facente capo alla corrente delle basic emotions, l’altro a quella costruttivista — anche le similitudini tra i due sono degne di considerazione. Sia Barrett che Asma e Gabriel concordano sull’esistenza di core affects, mentre sono poi in disaccordo su quanto questi siano estesi (quanti e quali siano) e sul loro ruolo nel dare forma al comportamento umano.
MSA Mappare Emozioni

Nonostante le chiare divergenze tra i modelli che abbiamo preso in esame — l’uno facente capo alla corrente delle basic emotions, l’altro a quella costruttivista — anche le similitudini tra i due sono degne di considerazione. Sia Barrett che Asma e Gabriel concordano sull’esistenza di core affects, mentre sono poi in disaccordo su quanto questi siano estesi (quanti e quali siano) e sul loro ruolo nel dare forma al comportamento umano.

Per Barrett, questo core è costituito da forme positive o negative di eccitazione mirate a mantenere un bilancio energetico (body budget). Tutto il resto emerge evoluzionisticamente, non in due ondate successive l’una all’altra, ma tramite percorsi complessi, specifici alle singole specie e alla loro linea evolutiva. Non ci sarebbe dunque alcun cervello rettile o mammifero annidato sotto alle funzioni superiori della cognizione umana. Per Asma e Gabriel, d’altra parte, il “minimalismo” di Barrett “è scarsamente informativo della fenomenologia, delle neuroscienze e dell’etologia dell’emozione.” A partire da una definizione di affetto simile a quella di Barrett — come motivazione conativa o “propulsione motivazionale conativa” di sapore spinoziano —, Asma e Gabriel cercano di tracciare il percorso evolutivo (nella sua complessità) che ha contribuito a produrre gli umani nella forma in cui li conosciamo oggi.

Entrambe le posizioni riconoscono l’interazione biunivoca tra il core affettivo e la mente linguistica e concettuale. Ma laddove Barrett opta per un modello top-down, in parte perché lascia più spazio all’agenzia, più libertà d’azione (consentendole di patrocinare questo modello top-down come più accurato e più utile come strumento di controllo); Asma e Gabriel favoriscono un approccio bottom-up perché rende conto più efficacemente dell’evoluzione del comportamento umano, e quindi ci presenta una comprensione di come siamo diventati ciò che siamo.

Per Barrett, il pensiero linguistico-proposizionale sembra rappresentare una linea di demarcazione piuttosto rigida della cognizione umana, nella quale si danno le emozioni perché possediamo l’apparato concettuale per trasformare degli impulsi affettivi in emozioni. Questa separazione netta fra umani ed animale è uno dei punti che Asma e Gabriel (ed altri teorici delle emozioni di base) criticano più violentemente al nuovo costruttivismo. La questione riguarda il rapporto tra ciò che sta “sopra” (il pensiero) e ciò che sta “sotto” (l’affetto corporeo), quello che siamo tentati di chiamare il rapporto tra una struttura (o base) e una sovrastruttura. È la base a dare forma alla sovrastruttura, o questa è in grado di rimodellare la base? Oppure, è la relazione interamente biunivoca e, in questo caso, si tratta di una relazione biunivoca tra due entità stabili o di una relazione interamente dinamica e dialettica, impossibile da districare?

Entrambe le posizioni concordano che l’intreccio sia molto profondo, ma che districare i due domini, quello che Asma e Gabriel chiamano decoupling (disaccoppiamento), sia comunque possibile.
Per Barrett, non siamo divisi tra un antico cervello emotivo (“hot”) ed un recente cervello cognitivo (“cool”). Piuttosto, si potrebbe affermare che sia tutto cool, o che quantomeno potrebbe essere raffreddato — servendosi di concetti che Barrett tende a definire proposizionalmente.
Se, da parte loro, Asma e Gabriel effettivamente parlano di cognizione primitiva e tarda (o “tertiary-order”), riconoscono però che quest’ultima apre un ventaglio inedito di possibilità. Tramite il pensiero simbolico, sostengono, la dimensione indicativa della comunicazione (“Quella creatura è un serpente”) e la dimensione imperativa (“Dovrei scappare”) possono essere slacciate (decoupled). Il linguaggio ci consente di addomesticare noi stessi emotivamente (“emotionally domesticate ourselves” ), il che significa tuttavia porre della distanza fra noi e le nostre emozioni.

In altri termini, dove Barrett tende ad assumere che il disaccoppiamento sia una buona cosa e che proceda in modo top-down (dai concetti, dal comportamento, verso il body budget), Asma e Gabriel vedono questa relazione come più complessa. In un blog post recente, definiscono e chiarificano la loro nozione di affetto come segue:

«L’affetto come motore motivazionale conativo è suscettibile di disaccoppiamento perché precede (è anteriore) — rimanendo funzionale — tutte le abilità cognitive evolutivamente successive; il suo primato assicura cioè che questo rimanga utile in qualunque contesto mentale. E, a differenza delle altre funzioni mentali, l’affetto può filtrare in ogni operazione mentale, conferendo salienza a elementi pertinenti; l’affetto tinge i nostri pensieri con valore e significato. Conseguentemente, abbiamo descritto diversi ruoli giocati dall’affetto tra cui quello di modalità di presentazione (mode of presentation), quello di freccia intenzionale (intentional arrow), e quello di motivazione per agganciarsi alle affordances appropriate.» (S. T. Asma, R. Gabriel, 2020, Decoupling)

Fonti & Approfondimenti:
J. Black, 2015, Hard Feelings: Science’s Struggle to Define Emotion, The Atlantic.
S. T. Asma, R. Gabriel, 2019, The Emotional Mind
S. T. Asma, R. Gabriel, 2020, Decoupling, The Brain’s Blog

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