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In primo piano - luglio 2024

Esplorando gli stati non ordinari di coscienza tra contemplazione e scienza

Esplorare gli stati non ordinari di coscienza è un viaggio verso la scoperta dell’Uomo. È un invito a guardare oltre l’ordinario, a cercare l’illuminazione personale e collettiva (…) la comprensione più profonda della nostra esistenza e del nostro posto nel mondo con l’obiettivo di ridurre la sofferenza.

di Bruno Neri e Maria Vaghi

Gli stati alterati, o stati non ordinari di coscienza (SNOC), aprono una finestra su dimensioni della mente spesso inaccessibili nell’ambito della quotidianità e possono essere esplorati sia dal punto di vista soggettivo mediante pratiche contemplative specifiche sia dal punto di vista oggettivo in diversi contesti scientifici.
Questi stati possono rivelare aspetti nascosti della nostra mente, portare a intuizioni profonde e, talvolta, a trasformazioni durature nella percezione di sé e del mondo. Come illustrato nei testi che seguono vedremo come certi SNOC possono essere indotti da pratiche meditative, esperienze di estasi, utilizzo di sostanze psicoattive, ma anche da situazioni percepite come estreme per il corpo.
Nel contesto della contemplazione buddhista, gli stati non ordinari di coscienza sono considerati strumenti potenti per comprendere la natura della mente e della realtà. Attraverso pratiche meditative e rituali, i praticanti possono accedere a stati di coscienza non ordinari, che rivelano la natura luminosa e vuota della realtà. Questa prospettiva sottolinea come la meditazione possa portare a una consapevolezza auto-illuminante, trasformando la propria percezione e liberando dagli schemi abituali.

Il pregevole contributo di Mingyur Rinpoche parla di “mente ordinaria o di stato di coscienza non ordinario”, di verità relativa e di verità ultima, sottolineando quanto gli SNOC siano considerati scorci della verità ultima, in cui si trascendono le limitazioni della mente offuscata e si rivela la natura luminosa e vuota della realtà, che è la mente ordinaria.
In questo approfondimento mensile si cita anche il libro Cave in the Snow che narra la vita di Jetsunma Tenzin Palmo, monaca buddhista inglese che ha trascorso dodici anni in meditazione in una grotta sull’Himalaya. La sua storia è un esempio vivido di come la pratica spirituale possa portare a stati di coscienza profondamente trasformativi. Isolata in condizioni estreme, Tenzin Palmo ha superato avversità fisiche e mentali per raggiungere una realizzazione spirituale straordinaria. La sua esperienza riflette la capacità umana di trascendere i limiti ordinari della coscienza attraverso la devozione e la disciplina.

Il mondo scientifico mostra in modo altrettanto illuminante quanto le ricerche nel campo della neurofisiologia e della psicologia abbiano dimostrato come agli stati alterati di coscienza corrispondano significative modifiche dell’attività cerebrale.
Anche l’uso delle sostanze psichedeliche per l’induzione di SNOC a fini scientifici ha ricevuto negli ultimi anni un nuovo impulso dopo il blocco imposto per alcuni decenni. Studi recenti hanno rilevato il potenziale terapeutico di sostanze come la psilocibina, l’LSD e l’MDMA nel trattamento di disturbi mentali come la depressione, l’ansia e il disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Va da sé che l’utilizzo di queste sostanze deve essere previsto in un contesto controllato a fini terapeutici o compassionevoli, tenuto conto del fatto che esso può facilitare esperienze di unità, trascendenza e profonda introspezione, simili a quelle ottenute attraverso la meditazione e altre pratiche contemplative.
La prosecuzione del dialogo e i legami sempre più stretti tra ambiti all’apparenza tanto diversi offre un terreno fertile anche per una comprensione più integrata degli SNOC. In questo contesto le pratiche contemplative buddhiste offrono metodologie testate nel tempo per esplorare e stabilizzare stati non ordinari, ed enfatizzano l’importanza della disciplina, dell’intenzione e del contesto etico, oltre a essere indubbiamente ecologiche e praticamente prive di effetti avversi, per questo spesso sono più facilmente utilizzabili in caso di studi scientifici rispetto agli psichedelici.
Tutto ciò può offrire una panoramica multidisciplinare degli stati alterati di coscienza, combinando esperienze personali, insegnamenti spirituali e ricerche scientifiche.

Nei testi che seguono leggeremo in particolare la trattazione di Nicola De Pisapia che, ricordando la presenza continua della coscienza anche durante il sonno, si sofferma in particolare sul tema del sogno lucido, quello cioè in cui il sognatore è consapevole di sognare e può influenzare l’esperienza. È dimostrato come, durante un sogno lucido, ci sia una maggiore attività nelle regioni prefrontali del cervello, suggerendo proprio consapevolezza e controllo cognitivo.
Questo ambito di ricerca è molto stimolante perché evidenzia possibili applicazioni terapeutiche significative, che riguardano il trattamento di incubi e di disturbi post-traumatici. E dunque l’esplorazione degli stati di coscienza durante il sonno può offrire una visione più completa della coscienza umana e contribuire al benessere mentale.

Con il suo contributo Enrico Facco, tra molto altro, si sofferma sulla definizione di “stati alterati di coscienza” (ASC) muovendo uno spazio di possibile critica rispetto al fatto di ricomprendere in essa stati patologici e non patologici. Si interroga dunque su quanto possa, questa definizione, includere in modo appropriato anche esperienze mistiche, di assorbimento profondo che certamente si fatica a considerare come patologie o disfunzioni cerebrali. Per questo l’autore preferisce la forma Espressioni Non Ordinarie della Mente (NOME) per riferirsi a esperienze mistiche, NDE, ipnosi, meditazione, e fenomeni parapsicologici, senza pregiudizi di anormalità. Il suo auspicio è che la scienza mantenga uno scetticismo aperto, interrogandosi costantemente sulla validità dei propri assiomi.

Il riassunto di un recente studio (maggio ’24) sulla meditazione avanzata e gli stati di assorbimento infine, si concentra in particolare su una classificazione sistematica dei jhana. Tradizionalmente afferenti ai contesti monastici buddhisti (soprattutto di tradizione Theravada), i jhāna sono sempre più esplorati oggi anche da praticanti laici. Anche questo articolo dunque offre un contributo sullo studio della meditazione avanzata.

In conclusione, esplorare gli stati alterati e/o non ordinari di coscienza è un viaggio verso la scoperta dell’Uomo. È un invito a guardare oltre l’ordinario, a cercare l’illuminazione personale e collettiva. Sia che ci avviciniamo a questi stati attraverso la pratica contemplativa o le possibilità offerte dall’uso controllato in ambiente scientifico degli psichedelici, l’obiettivo comune è la comprensione più profonda della nostra esistenza e del nostro posto nel mondo con l’obiettivo di ridurre la sofferenza.

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Gli stati di coscienza non ordinari sono considerati scorci della verità ultima, dove le limitazioni presentate dalla nostra mente offuscata e illusa vengono trascese, rivelando la natura luminosa e vuota della realtà, che è la mente ordinaria. Questi momenti sono visti come finestre sulle qualità fondamentali di chiarezza, pace e non-dualità insite nella mente ordinaria.
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Il termine non-ordinario evita qualsiasi pregiudizio o idea implicita di anormalità o di apparente e sospetta stranezza ed enfatizza invece la diversità di queste condizioni rispetto a quanto convenzionalmente ammesso.
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Un affascinante esempio di ricerca nel campo della scienza contemplativa e, nello specifico, dello studio della meditazione avanzata.
Letture consigliate
Tenzin Palmo vive un’esperienza incredibile: intraprende un ritiro che durerà dodici anni in una grotta isolata tra le montagne dell’Himalaya. A oltre 4.000 metri di altitudine si dedica alla pratica spirituale, alla meditazione profonda.